Il quinto Report della Caritas che fa il punto sugli effetti della pandemia nel territorio fiorentino

“La forza del volontariato durante i mesi dell’emergenza. Anche distanti possiamo restare uniti!”. È questo il tema del quinto Report sugli effetti della pandemia, elaborato da Caritas Firenze in collaborazione con Fondazione Solidarietà Caritas Onlus. Un appuntamento mensile che si propone di offrire un quadro aggiornato su come il Covid-19 ha cambiato il tessuto sociale della nostra diocesi, sulla base di dati raccolti dai Centri d’Ascolto, e in questo numero, da interviste a volontari sul campo, grazie anche a un questionario costruito ad hoc, e da testimonianze provenienti da soggetti del Terzo Settore.

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L’iniziativa è a cura dell’Osservatorio delle povertà e delle risorse, e nasce all’indomani della crescente domanda di aiuto causata dall’emergenza sanitaria, per rilevare e rispondere alle situazioni di disagio e vulnerabilità del territorio.

“In questo Reportdichiara Giovanna Grigioni, referente Osservatorio Caritasabbiamo scattato una fotografia del mondo del volontariato con una particolare attenzione al periodo del lockdown. Il rischio era che vi fosse un allontanamento verso questo tipo di esperienze per timore del contagio. A sorpresa invece abbiamo assistito a una vera e propria crescita del numero di persone che hanno deciso di mettersi in gioco e di aiutare chi il Covid-19 aveva reso ancora più fragile. Un fenomeno che si è registrato su tutto il territorio regionale e provinciale e che ha interessato l’intero mondo del Terzo Settore”.

“L’emergenza aveva infatti creato un vuoto: molti anziani avevano dovuto interrompere il loro servizio per motivi di sicurezza”, spiega Riccardo Bonechi, direttore Caritas diocesana, nel sottolineare come questa iniziale criticità si sia poi trasformata in un’opportunità, “in una staffetta generazionale della solidarietà, che ha visto affacciarsi molti nuovi giovani volontari”. E conclude: “Adesso è importante trovare il modo per valorizzare entrambe le componenti del volontariato: unire tradizioni e nuove idee, competenze e conoscenze del passato con intuizioni del futuro, affinché tutti possano sentirsi partecipi di un percorso condiviso e costruire insieme risposte concrete per il nostro territorio, con l’intento di essere sempre più una Chiesa in uscita come ci ha indicato Papa Francesco”.

Lo studio dell’Osservatorio Caritas sul volontariato al tempo del Covid-19

Sono numeri importanti quelli del volontariato in Toscana. Si stima che ad essere coinvolte siano circa 450 mila persone. Per quanto concerne la classe d’età, quella più favorevole è compresa tra i 30 e i 54 anni. Anche la percezione a livello sociale è molto positiva: secondo un’indagine di Sociometrica condotta per Cesvot a febbraio 2020, il 90% lo conosce, o perché lo fa direttamente (15,3%) o perché ha amici, parenti (51,1%) che lo svolgono. Dati che ci parlano di una società con un alto senso civico, che non delega il bene sociale allo Stato, ma se ne fa protagonista anche in prima persona, come ha dimostrato durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria, che ha visto un ingresso di tantissime persone fino ad allora lontane dall’associazionismo.

Dal questionario realizzato dall’Osservatorio Caritas, che ha coinvolto un campione di 365 persone, di cui il 24,5% ha iniziato a prestare servizio dopo il DPCM di marzo (il 41,7% del totale sono giovani), emerge infatti chiaro come tra le principali motivazioni vi sia proprio il forte desiderio di rendersi utili in una condizione in cui tutti si sono trovati, di fatto, in una sostanziale impotenza. Per molti inoltre la situazione di emergenza è stata vissuta come una sorta di attivatore nei confronti di una propensione al volontariato rimasta fino ad allora in uno stato di latenza: “Ho sempre desiderato mettermi a servizio degli altri”, “in un momento di difficoltà ho sentito la spinta a fare questo mettendo indietro altre cose che facevo”. Fino a trovare ragioni che rimandano alla dimensione dei valori cristiani e all’idea di “chiamata”: “La possibilità di incontrare Cristo nei poveri”; “una parte del proprio cammino di fede”; “aiutare la comunità parrocchiale”.

Ma cos’è accaduto a coloro che già prestavano servizio? Per Caritas, l’impatto è stato diverso a seconda della condizione anagrafica. Per circa un terzo di volontari, indipendentemente dall’età, il servizio è proseguito ma è stato soggetto a limitazioni e cambiamenti mentre per una quota significativa di adulti e ragazzi la situazione è rimasta pressoché invariata: i servizi presso cui operavano sono rimasti attivi e il loro impegno è continuato normalmente. È importante rilevare tuttavia, sottolinea ancora il Report, come tra i più giovani emerga una quota significativa di volontari che, proprio in una logica di sostituzione generazionale, hanno intensificato il loro impegno per compensare quella parte significativa di senior (39,5%) che sono stati costretti a rimanere a casa: per certi versi una solidarietà nella solidarietà, come afferma un giovane volontario: “Ho sentito la necessità di un impegno più continuativo”.

Per quanto attiene inoltre l’analisi complessiva dei volontari che hanno risposto al questionario sia nuovi che storici, lo studio evidenzia come la maggior parte siano donne (il 61% del totale), mentre, rispetto all’età, predomina la fascia dei senior (oltre i 60 anni) che rappresenta il 45,3% del totale. I giovani (sotto i 30 anni) e gli adulti (tra i 31 e i 60) sono invece il 12,3% e il 42,4%. Da un punto di vista lavorativo, gli occupati rappresentano il 44,2%; i soggetti in cerca di lavoro il 3,4%; gli inattivi il 52,3%. Tra questi va rilevato il 90% di pensionati tra i senior e il 53% di studenti tra i giovani al di sotto dei 30 anni.

Quanto alle realtà in cui sono impegnati, nel 57% dei casi si tratta di volontari inseriti all’interno del mondo Caritas; nel 29% presso la Misericordia; mentre il restante 14% in altre associazioni presenti sul territorio regionale. La scelta rimanda infine: per i giovani e gli anziani, a una dimensione valoriale; nel caso dei volontari Caritas al fatto che la povertà è sentita come una problematica cruciale rispetto alla quale “è utile che, chi è dotato di maggiori risorse, si spenda in prima persona”.

 
Scarica qui il Report dell'Osservatorio Caritas.